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Messaggio  Simona Mer Feb 20, 2008 3:15 pm

A VOLTE DI FRONTE AD UN AMICO CHE STA MALE CI TROVIAMO SPIAZZATI, NON SAPPIAMO COSA FARE O COSA DIRE. O MEGLIO CI SEMBRA DI FARE POCO. SUL SITO AIMAC CI SONO TANTI CONSIGLI UTILI. VI RIPORTO QUELLI SECONDO ME PIU' SIGNIFICATIVI:

L'importanza di ascoltare e parlare


Il ‘buon ascoltatore’ può essere definito come colui che ha un approccio alla conversazione sia con la dimensione fisica che con quella psicologica. A volte, molti degli imbarazzanti vuoti di comunicazione che si creano durante uno scambio interpersonale, sono causati dal fatto che ignoriamo le poche, semplici regole che favoriscono la libera comunicazione.

1. Creare l'atmosfera
Questo punto è molto importante e deve essere curato nei dettagli: mettetevi comodi, sedetevi, cercate di apparire rilassati e mandate dei segnali che facciano capire che avete intenzione di fermarvi e di dedicare tempo alla persona malata (ad esempio, toglietevi il cappotto).
Guardate sempre l’interlocutore negli occhi, possibilmente tenendo lo sguardo allo stesso livello, il che quasi sempre vuol dire mettersi a sedere. Il contatto visivo è ciò che trasmette all’altro il senso di esclusività della conversazione e lo fa sentire accolto e ascoltato. Se in un momento doloroso non riuscite a guardarlo dritto negli occhi, almeno avvicinatevi e stringetegli la mano; oppure, se potete, accarezzatelo.
Come regola generale, se il vostro caro si trova in ospedale, mettersi a sedere sul letto è meglio che stare in piedi. A volte le circostanze potrebbero darvi l’impressione di essere sfavorevoli: ad esempio, potreste rendervi conto che non è possibile sedersi sul letto, oppure che l’unica seduta disponibile è il piano di un tavolo o di un comodino. Anche se ciò vi causa un certo imbarazzo, cercate di sedervi: è sempre meglio che cercare di parlare a qualcuno dominandolo e guardandolo dall’alto in basso.
L’atmosfera deve essere quanto più intima possibile, anche se, nonostante i vostri sforzi, ci possono essere sempre delle interruzioni (il telefono che squilla, il campanello che suona, i bambini che vanno e vengono, il personale ospedaliero che entra). Evitate di parlare in un corridoio o sulle scale. Ciò sembra ovvio, ma ricordatevi che spesso la comunicazione non riesce ad essere libera e autentica proprio perché subisce l’influenza di queste piccole cose. Fate attenzione alla prossimità. Non siate troppo distanti dall’interlocutore, infatti una distanza maggiore di circa mezzo metro renderebbe la conversazione imbarazzata e formale, mentre una minore potrebbe far sentire il malato ‘circondato’, soprattutto se è costretto a letto e quindi impossibilitato a sottrarsi. Assicuratevi che non si frappongano tra di voi ostacoli fisici (tavoli, comodini, ecc.). Anche in questo caso può non essere facile, ma se dite qualcosa del tipo “Non è facile parlare da una parte all’altra di questo tavolo. Posso spostarlo?”, può essere di aiuto ad entrambi.

2. Capire se il malato ha voglia di parlare
Può darsi che il vostro amico o parente non si senta, o non abbia voglia, di parlare quel giorno. Può anche darsi che abbia voglia di parlare di cose banali (i programmi della televisione, gli abiti di moda, i risultati delle partite o altre cose quotidiane). Non dispiacetevi: anche se siete mentalmente preparati per una conversazione impegnativa, non scoraggiatevi se in quel momento l’interlocutore non risponde alle vostre aspettative. Potete comunque essergli di grande aiuto conversando con lui di cose quotidiane; o semplicemente ‘ascoltando il suo silenzio’. Se non siete sicuri di quello che desidera, chiedetegli: “Ti va di parlare un po’?”. Piuttosto che avviare una conversazione profonda non desiderata, è meglio partire da questa semplice domanda. Oppure, se il malato è stanco o ha appena parlato con qualcun altro, potete dirgli: “Parlami solo se te la senti”.

3. Ascoltare il malato mostrando di ascoltare
Quando il vostro amico o familiare parla, ascoltate ciò che vi sta comunicando anziché pensare a quello che dovreste dire voi, e mostrategli che gli prestate attenzione.
Evitate di anticipare le parole del vostro interlocutore o di interpretare il suo pensiero, perché così facendo rischiate di perdere di vista ciò che, invece, egli sta effettivamente esprimendo. Evitate anche di interromperlo. Mentre parla non intervenite, ma aspettate che abbia finito prima di interloquire. Se, invece, è l’interlocutore ad interrompervi con un “Ma” o un “Credevo”, o con un’espressione analoga, fermatevi e lasciatelo parlare.

4. Incoraggiare il malato ad aprirsi
Un ‘buon ascoltatore’ deve poteraiutare il suo interlocutore ad aprirsi, senza timore di esprimere ciò che gli passa per la mente. Ci sono semplici espressioni che vanno benissimo: cercate di annuire e pronunciate parole semplici del tipo “Sì”, “Capisco”, “Vai avanti”. Nei momenti di tensione sono proprio le cose semplici quelle che facilitano le situazioni.
Per mostrare al vostro caroche le sue parole sono veramente ascoltate , potete anche ripetere due o tre parole dell’ultima frase che ha pronunciato. , oppure potete sintetizzare il concetto che egli ha appena espresso, in parte per verificare che abbiate compreso il senso del suo discorso, in parte per dimostrargli che ascoltate e vi sforzate di comprenderlo. Potete, per esempio, dire “Allora intendi dire che …”, oppure “Se ho ben capito senti che …”.

5. Prestare attenzione al silenzio e alla comunicazione non verbale

Se qualcuno smette di parlare, può significare che sta pensando a qualcosa di doloroso o delicato. Rispettate per un po’ il suo silenzio, se ne avete voglia stringetegli la mano o accarezzatelo, e poi chiedetegli con dolcezza a cosa stia pensando. Non mettetegli fretta anche se vi sembra che il silenzio duri secoli.
Può darsi che il silenzio vi induca a pensare “Oddio, adesso non so cosa dire”. Ma il silenzio può indicare che effettivamente non c’è bisogno di parlare. Se questo è il motivo, non abbiate paura di tacere ma rimanete vicino al vostro caro. In queste situazioni toccare delicatamente il suo volto o mettergli un braccio intorno alla spalla può valere più di tante parole.
A volte la comunicazione non verbale dice molto di più sulle emozioni del parente o amico di quanto si possa immaginare. Ecco un esempio tratto dall’esperienza di un medico.

Avevo in cura una donna anziana di nome Antonietta che sembrava molto contrariata e chiusa. Io cercavo di spronarla a parlare, ma non riuscivo a scucirgli una parola di bocca. Durante un incontro mentre parlavo allungai le mani verso le sue. Era più che altro un tentativo, perché non ero affatto sicuro che fosse la cosa giusta. Con mia grande sorpresa la donna afferrò la mia mano e la strinse a lungo. L’atmosfera mutò all’istante e all’istante Antonietta iniziò a parlare delle sue paure di dover subire altri interventi e di essere lasciata sola dalla sua famiglia. Il messaggio del mio contatto non verbale era ‘provaci e vedi come va’. Se, per esempio, Antonietta non avesse reagito positivamente, avrei potuto ritirare la mia mano e nessuno dei due avrebbe riportato un insuccesso in conseguenza di quel gesto.

Come essere d’aiuto: suggerimenti pratici

Suggerimenti pratici
Una delle sensazioni più comuni di amici e parenti, che desiderano sostenere un malato di cancro, è non sapere da che parte cominciare, nonostante le migliori intenzioni. In questo capitolo seguiremo un percorso logico che potete imitare e che vi aiuterà a stabilire dove il vostro aiuto è più prezioso e da dove cominciare.
Questi suggerimenti valgono in particolare per gli amici al di fuori della cerchia familiare e parentale che sono quelli maggiormente chiamati a svolgere funzioni di supporto.

1. Fare la propria offerta
Innanzitutto dovete scoprire se il vostro aiuto è richiesto oppure no. Nel primo caso, fate la vostra offerta. L’Esplicitate nello specifico come volete e potete essere d’aiuto attraverso azioni concrete, evitate frasi del tipo “Fammi sapere se c’è qualcosa che posso fare per te”. Inoltre rendetevi disponibili a ripassare per vedere se potete rendervi utili. Ovviamente, se siete il padre/la madre di un bambino malato o il partner di un paziente oncologico, non dovete chiedere nulla. Ma se siete fuori dalla cerchia familiare è importante sapere se siete nella posizione giusta per ’dare una mano’. A volte un conoscente o un collega è più gradito di un parente stretto, per cui non esprimete un giudizio affrettato sulla vostra utilità. Non rimanete male se il malato non sembra gradire il vostro appoggio. Non fatene un fatto personale. Se proprio volete rendervi utili, chiedete a coloro che sono più vicini al malato se hanno bisogno d’aiuto. Dopo aver fatto l’offerta iniziale non aspettate di essere chiamati, ma fatevi risentire.

2. Informarsi
Se volete essere utili, dovete necessariamente essere informati sulla situazione medica, ma solo quel tanto che basta per fare progetti razionali. Non dovete assolutamente diventare esperti sull’argomento. Molti di coloro che vogliono aiutare i malati sono spinti ad acquisire sempre più dettagli che non sono necessariamente pertinenti alla situazione del loro amico/parente. A volte sono spinti dalla curiosità, a volte dal desiderio di essere padroni della situazione.

3. Valutare le esigenze del malato e dei suoi familiari
Naturalmente qualunque valutazione non sarà mai definitiva e sarà carica di incertezze perché il futuro è spesso imprevedibile. Ma devono essere prioritarie le esigenze del malato. Queste, è chiaro, variano a seconda di quanto sia invalidante la malattia in quel momento (ammesso che lo sia). Se le condizioni del malato sono seriamente compromesse, forse vi porrete delle domande. Chi si prenderà cura di lui durante il giorno? Può alzarsi dal letto e andare in bagno? Può prepararsi da mangiare? Ha bisogno di cure che non può fare da solo? E poi potreste chiedere ai suoi familiari. Ci sono bambini da accompagnare a scuola e andare a riprendere? Il partner è in buone condizioni di salute o ci sono cose di cui ha bisogno? La casa si presta ad assistere qualcuno nelle sue condizioni oppure ha bisogno di essere adattata? Per quante domande ci vengano in mente, non sono mai esaustive per la singola situazione. Fatevi un elenco personalizzato ricostruendo una giornata ‘tipo’ della vita del vostro amico e pensando a ciò di cui può avere bisogno in ogni fase.

4. Stabilire che cosa si può e si vuole fare
Che cosa sapete fare? Potreste cucinare per il nostro amico? Portare dei pasti surgelati precotti è sempre ben accetto. Potreste preparare da mangiare per gli altri membri della sua famiglia? Siete abili nei piccoli lavori domestici? Sapreste installare dei servoscala o rampe per sedie a rotelle, se necessario? Sapreste badare alla casa? Potreste portare i bambini allo zoo per un giorno in modo da lasciare la coppia tranquilla per un po’ di tempo? Se non siete in grado di fare niente di tutto ciò, ve la sentireste, per esempio, di pagare una colf per mezza giornata la settimana in modo che dia una mano al vostro posto? Potreste procurare delle letture adatte al vostro amico? Siete in grado di trovare delle videocassette di suo gradimento? Se avesse bisogno di adattare il suo appartamento, sareste in grado di aiutarlo? Se è una donna, vi ricorderete di farle trovare dei fiori a casa al ritorno dall’ospedale?

5. Cominciare con piccole cose pratiche
Scorrete l’elenco delle cose che siete disposti a fare e cominciate offrendovi di farne alcune. Non vi dichiarate disponibili a fare tutto, altrimenti il vostro amico avrà la sensazione di essere ‘soffocato’. Privilegiate alcuni piccoli compiti pratici che il malato potrebbe non essere in grado di eseguire con una certa facilità. Fate programmi di minima: raggiungere un obiettivo modesto è molto meglio che puntare ad un ideale difficilmente raggiungibile. Ci vogliono un po’ di attenzione e tatto.

Un nostro conoscente, Mario, era solito farsi tagliare i capelli tutte le settimane. Niente di particolare, ma faceva parte della sua routine. Quando fu ricoverato, un suo amico prese accordi con il barbiere dell’ospedale perché andasse a tagliargli i capelli una volta alla settimana. Fu un gesto molto carino e premuroso. Esistono molti esempi di questo genere, come offrirsi per badare alle piante di casa, oppure per portare fuori il cane.

6. Evitare gli eccessi
Non fate doni enormi che sono fuori luogo e imbarazzano. In certe situazione i regali nascono da un senso di colpa e di difficoltà del donatore e inducono disagio anche nel destinatario. Analogamente le vostre offerte di aiuto dovrebbero essere modeste e adatte al malato e ai suoi familiari. Siate sensibili.

7. Ascoltare
Il tempo è un dono prezioso che, invece, potete fare in qualunque momento. Se non lo avete già fatto, leggete il capitolo che parla di come diventare un ‘buon ascoltatore’ e cercate di passare regolarmente del tempo con il vostro amico. È meglio essere una presenza costante dedicandogli dieci, quindici minuti ogni giorno o a giorni alterni piuttosto che due ore una volta al mese. Siate affidabili e sempre disponibili.

8. Coinvolgere altre persone
Siate sinceri con voi stessi e riconoscete i vostri limiti. Tutti coloro che forniscono il proprio aiuto e sostegno desiderano fare del loro meglio. Potreste essere tentati da gesti eroici per un senso di ira e rabbia contro quanto è capitato al vostro amico e contro l’ingiustizia della situazione. Ma se vi ponete ideali troppo alti e poi fallite, sarete voi stessi a disagio anziché essere d’aiuto. Per voi stessi, per il vostro amico, dovete essere capaci di intraprendere sforzi ragionevoli che potete portare a compimento. Ciò vuol dire che dovrete essere sempre realistici su ciò che siete in grado di fare ed essere disponibili a farvi aiutare quando non ce la fate.

Ripassare questa lista mentalmente è utile in quanto consente un vero approccio pratico a qualcosa che probabilmente non vi è familiare, e serve anche a placare il dolore che provate quando non sapete da che parte cominciare. Quali che siano i vostri piani, cambieranno senz’altro con il tempo, in quanto le condizioni muteranno. Siate disposti ad essere flessibili e ad imparare cammin facendo.

Fonte Aimac
Simona
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